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Simone de Beauvoir – Il caso Djamila Boupacha

/Simone de Beauvoir – Il caso Djamila Boupacha
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Simone de Beauvoir – Il caso Djamila Boupacha

8,00€

COD: 978-88-32265-35-4

Descrizione prodotto

Simone de Beauvoir, Il caso Djamila Boupacha

2023, 64 pagine, € 8.00

Traduzione e cura di Mauro Trentadue

Collana I GRANI

Simone de Beauvoir non aveva interessi in Algeria, non conosceva personalmente la ragazza della quale stava prendendo le difese, poteva contare su un vasto pubblico, aveva ottenuto molti premi prestigiosi e, dopo la pubblicazione dei due volumi de Le deuxième sexe, i suoi detrattori non avevano certo bisogno di ulteriori motivi per guardare alle sue mosse con diffidenza e sospetto. E invece, avvertita dall’avvocatessa Gisèle Halimi di quello che era successo a Djamila Boupacha, Simone de Beauvoir iniziò a far vorticare la penna sulla carta: in questo modo presero forma un articolo incendiario, che fulminò l’opinione pubblica sulla prima pagina di Le Monde il 3 giugno 1960, e un più sostanzioso e argomentato resoconto dell’intera questione, che assunse più avanti lo spessore di un saggio.
Djamila era allora una ragazza giovanissima, sospettata di avere avuto parte attiva nell’organizzazione di un attentato antifrancese presso la brasserie dell’Università di Algeri. La bomba non era esplosa, nessuno aveva identificato Djamila Boupacha come una possibile attentatrice, la sua fedina penale era assolutamente immacolata. Eppure l’odio di Stato aveva bisogno immediato di un colpevole: l’ordine e la sicurezza dei bianchi d’Algeria lo esigevano a gran voce, così fu inventata una terrorista che all’epoca dei fatti era poco più che ventenne. Non avendo intenzione di confessare un crimine mai commesso, Djamila Boupacha fu rapita, risucchiata in una zona d’ombra entro la quale la legalità non era altro che una parodia, sottoposta a torture di vario tipo. Trattata come mera carne, privata di qualsiasi dignità, spezzata dentro e fuori con irrefrenabile perizia sanguinaria, Djamila finalmente confessò tutto quello che le si chiese di confessare, compresi crimini mai avvenuti e del tutto fantasiosi.
La prima vittima della tortura è certamente la dignità di chi viene abusato in ogni modo dal potente di turno, in una sorta di dualità sadica composta dalla vittima e dal suo soddisfatto macellaio; la seconda, però, è indubbiamente la verità processuale. L’innocente, che, torturato, confessa, garantisce infatti l’impunità al colpevole. Nel caso di Djamila Boupacha, poi, il torturatore sarebbe nientemeno che la Repubblica francese.

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