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Traduzione e cura di Mauro Trentadue e Monica Moro
Collana I Grani
Anche se oggi ad occuparsi di lui sono quasi esclusivamente filologi e storici del tardoantico, Giuliano fu e si sentì essenzialmente un filosofo; la sua passione per gli antichi pensatori era stata – fin dal primo incontro – assolutamente incendiaria.
Del filosofo, dunque, Giuliano non aveva soltanto la barba – tipica dell’iconografia dell’imperatore-pensatore da Adriano a Marco Aurelio in poi – ma soprattutto quell’attitudine indefettibile alla ricerca che dispone – per sua stessa natura – al pluralismo veritativo. Il filosofo è prima di tutto un cercatore irrequieto, mai sazio di una verità trovata, sempre percepita come provvisoria: Giuliano non faceva certo eccezione; tormentato da questa arsura, ormai divenuto imperatore, si scontrò inesorabilmente con l’ottusità dogmatica dei cristiani del suo tempo. Tuttavia mai ordinò, né mai autorizzò, alcuna persecuzione nei loro confronti.
Secondo Giuliano il pensatore è abituato al continuo confronto con le idee degli altri, dunque è epistemologicamente orientato all’ascolto: inaccettabile – quindi – il frustrante dogmatismo dei cristiani, nonché culturalmente pericoloso.
Tutto questo appare ancora più chiaro quando si riesce a mettere a fuoco con precisione l’effettivo orientamento filosofico di Giuliano: di sicuro la sua visione del mondo è influenzata in primo luogo dal Neoplatonismo, ma – come aveva ben compreso lo storico Augusto Rostagni fin dall’inizio del secolo scorso – il suo approccio epistemologico è assolutamente eclettico. L’imperatore-filosofo trova rassicurante l’ordine del mondo immaginato per primo da Platone – con un principio metafisico positivo posto a suprema garanzia del tutto – ma subisce l’influsso di Aristotele, non disdegna l’insegnamento di Diogene e mostra una fiducia nell’uomo di chiara origine socratica. Giuliano, filosofo eclettico, chiama a raccolta tutte le risposte del passato che possano ancora offrire stimoli ad un presente offuscato da venature lugubri.
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